Sul referendum costituzionale - Studio dell'avvocato Gaetano Maio

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Sul referendum costituzionale

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Come notorio il 4 dicembre prossimo il popolo italiano è chiamato, tramite referendum, ad esprimere il proprio consenso o dissenso sulla cd riforma Renzi-Boschi, contenuta nella legge costituzionale approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016. Poiché tale proposta di riforma fu  approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti di ciascuna camera,in ossequio all'articolo 138 della Costituzione, il provvedimento è stato oggetto di referendum a seguito di richiesta da parte delle menti intellettuali più sensibili al destino della nazione. Il popolo dunque dovrà rispondere se intende confermare o meno: “ le disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del  CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”di cui alla suddetta legge costituzionale approvata dal Parlamento.
La questione, oltre che per il suo aspetto giuridico, merita particolare attenzione in quanto il cittadino, innanzi al degrado morale ed economico in cui vive l’Italia, non può più restare inerte, ma deve essere parte attiva per poter contribuire alla costruzione di un avvenire migliore. Non è più tempo di assenteismo dalle urna, nel disgusto da tutto ciò che è politica, intesa quale male secolare al pari della camorra. E’ tempo di rinascita culturale e non vi può essere rinascita senza adeguata informazione, senza partecipazione e coscienza del proprio ruolo di essere pensante, di cittadino.
Ebbene, come già evidenziato da numerosi studiosi del diritto costituzionale, la Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, voluti dalla maggioranza del momento, ma esprime le basi comuni della convivenza civile e politica. La legge di riforma, sotto molteplici aspetti, si pone ai confini di uno stato democratico. A nostro parere, non è assolutamente civile il ricorso, ad una furbesca e premeditata formazione di quesito, concernenti riforme di vitale importanza per la nazione, con cui si chiede  sbrigativamente se si vuole oppure meno ridurre il numero dei parlamentari, eliminare il CNEL, contenere i costi di funzionamento delle istituzioni. Chi non vorrebbe ridurre il numero esagerato dei  parlamentari, con privilegi incostituzionali, con ricchi stipendi  e vitalizi assicurati, per di più non eletti neppure dal popolo? Chi non vorrebbe eliminare organi inutili? Chi non vorrebbe contenere i costi di funzionamento delle istituzioni? Un quesito dunque creato proprio per spingere il buon cittadino a dire si alla cieca senza esame delle riforme che di fatto non raggiungono tali obiettivi. Infatti con la riforma si snatura la funzione del senato, la più antica istituzione repubblicana.  Il bicameralismo, come notorio, fu voluto  dai nostri padri costituendi per ottenere un equilibrio ponderato nella formazione delle leggi. La sottrazione dei poteri al senato altera tale equilibrio ed accentra pericolosamente l’importante funzione ad un unico organo, in un delicato momento storico in cui per di più i suoi componenti, non espressamente eletti dal popolo né provenienti da tribune, nella loro povertà culturale ed ideologica, nulla devono allo stesso. Per la sua residua funzione sterile di cui alla legge,il nuovo senato – in parte addirittura formato da sindaci - costituisce un inutile peso economico a danno dei cittadini, sbugiardando la fantastica affermazione, resa ad un popolo credulone, di una volontà governativa di contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni.

 
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